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“Nokia-soft”: due debolezze non fanno una forza

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Microsoft cerca di rafforzare la sua posizione di “terzo polo” nel settore degli smartphone, dopo i colossi Samsung e Apple, attraverso l’acquisizione di Nokia per 5,4 milioni di dollari. L’accordo prevede l’incorporazione della società finlandese e, soprattutto, del suo patrimonio di brevetti – un passaggio che ormai è sempre più importante per potersi difendere all’interno delle “smartphone wars“.

Già Google due anni fa, tramite l’acquisto di Motorola, aveva dimostrato come ormai il valore delle vecchie compagnie produttrici di telefonini risiedesse più nei brevetti che possedevano, che nel “valore” del loro marchio. La vera differenza, da vari anni, sta nel sistema operativo (iOS, Android o Windows Phone) che il telefonino usa, più che nel produttore dello stesso.

L’improvviso cambio di paradigma è uno dei motivi per cui il colosso finlandese Nokia, il vero dominus del mercato fino al 2010, è improvvisamente crollato: l’altro grande motivo è stato l’approccio totalmente fallimentare con cui si è affrontata la sfida degli smartphone. Nel 2008, al nascente Android (sviluppato da Google, HTC e Samsung e basato su Linux), Nokia provò a contrapporre Symbian (in joint venture con Ericsson e Motorola), per poi inspiegabilmente ripudiare la scelta del software libero e allearsi con Microsoft.

Qui entra in gioco “l’altra metà del cielo”, l’azienda più odiata nel mondo dell’IT per la sua strategia “monopolista”, la società che nella seconda metà degli anni 2000 è stata messa sotto inchiesta sia nell’UE che negli USA per abuso di posizione dominante. Perché fin dagli anni ’90, se dicevi “computer”, dicevi “Windows” oppure “Microsoft Office” oppure “Internet Explorer”. Tutti prodotti dall’azienda di Redmond.

Il punto è che anche Microsoft si è lasciata cogliere impreparata dalla rivoluzione degli smartphone: nel 2007, il suo CEO uscente Steve Ballmer non credette alle potenzialità dell’iPhone. Oggi, le sole vendite dell’iPhone producono incassi (per Apple) superiori a tutta la produzione di beni e servizi di Microsoft. Quando finalmente è stato lanciato Windows Phone, Android e iOs già si affrontavano in tribunale a colpi di brevetti. Era già troppo tardi, il mondo si era dimenticato di Redmond.

I motivi del crollo di quello che era considerato “l’Impero del Male”, ridottosi oggi a una specie di Casa Targaryen (a tutto vantaggio dei Lannister/Apple e degli Stark/Android), sono stati meravigliosamente analizzati in questo lungo, ma interessante pezzo di Kurt Eichenwald per Vanity Fair. In sintesi, Microsoft è lentamente diventata ciò che aveva combattuto nei suoi primi anni di vita: un gigante lento e sclerotizzato, incapace di pensare anche solo a una prospettiva di medio termine, perché l’unico obbiettivo è quello di fare soldi a breve.

L’acquisizione di Nokia rischia, dunque, di tramutarsi nell’ennesimo fallimento, se l’azienda di Redmond non capisce che deve sfruttare questa occasione per reinventarsi, scrollandosi di dosso tutto il peso delle lotte intestine dell’ultimo decennio. Forse il cambio della guardia, che dovrebbe avvenire entro 12 mesi, fra Ballmer e il suo successore (si parla di Stephen Elop, attuale amministratore delegato di Nokia, con un passato proprio a Microsoft) potrebbe aiutare la transizione. O potrebbe essere l’ennesima dimostrazione di come una decisione giusta presa in ritardo equivalga a prendere una decisione sbagliata.


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